Storie per un mondo libero dalla sclerosi multipla

I bottoni: una sfida quotidiana

Più o meno ogni giorno, nel  nostro quotidiano, abbiamo a che fare con i bottoni. Sì, avete capito bene. Proprio loro. Quegli oggettini multiformi e colorati di metallo, madreperla, stoffa, legno, cocco e chi più ne ha più ne metta. Loro che abbelliscono le nostre camicette, magliette, pantaloni, borse… Sono così carini, no?

Ecco.

Da qualche tempo provo un senso di fastidio misto alla voglia di strapparli uno ad uno su qualsiasi indumento stiano. Doverli abbottonare per me significa affrontare una vera e propria battaglia. Inizialmente ho pensato che fosse colpa delle mie unghie e della loro lunghezza. Le ho accorciate, quasi a restarne senza (le mezze misure non fanno per me) ma ho visto che nulla cambiava oltre ad essermi squartata le mani.

Ovviamente, essendo una donna parecchio testarda, non è da me abbandonare il campo senza nemmeno averci provato.

Per cui immaginate: in sottofondo, a rafforzare la scena, le note di Gonna Fly Now (come se mi sentissi Rocky pronta ad affrontare Apollo Creed) e io che indosso quel vestito che mi piace tanto, quello in jeans che ha dei bottoni che nemmeno le Polly Pocket avrebbero saputo abbottonare per quanto minuscoli sono. E, per rendere le cose ancora più facili, non mi trovo di fronte ad un bottone, e nemmeno a due… ma ce sono ben 9. (Il giorno che l’ho acquistato non so a cosa pensavo, ma probabilmente era la giornata in cui la “Donnarumma” che è in me si è fatta sentire!).

Si comincia. Le mie mani si avvicinano al primo bottincino e cercano di spingerlo verso l’asola, ma nulla. Ci riprovo, faccio fatica. Sento che tutto ciò che una volta era così scontato e semplice, adesso non lo è più. Il primo è andato. Ma ne mancano altri 8. E un po’ mi abbatto. Cerco di spingerli e di abbottonarli quasi con rabbia adesso. La rabbia di chi si rende conto che la sua compagna di viaggio, si fa sentire anche sulle piccole cose. Ma non voglio mollare, non voglio dargliela vinta. Ce la devo fare. Cerco delle strategie, muovendo le dita in modo probabilmente non così logico ma funzionale per quello che mi serve.

Mi si gonfiano gli occhi di lacrime, e mi succede spesso di fronte a queste piccole difficoltà (ma mi hanno detto che piangere fa gli occhi belli!). Sono pronta. Ce l’ho fatta.

Penso che forse, da oggi in poi, sia meglio prendermi qualcosa con la cerniera o da infilare a sacco senza andarmele proprio a cercare.

Mi resta un po’ di amaro in bocca, e non riesco a sentirmi soddisfatta per esserci riuscita. Ho quel senso di malinconia addosso che forse non si riesce a spiegare completamente. Lo porto con me, cerco distrazioni ma poi c’è sempre qualcosa che ti ricorda che lei c’è, ed è così da 10 lunghi anni.

Mi guardo allo specchio e sorrido. Sorrido perché mi rendo conto che potrei usare quel  briciolo di intelligenza che mi resta, e, anziché impazzire e sudare anche l’acqua del battesimo per vestirmi, lasciare sempre agganciati almeno gli ultimi bottoni, visto che il vestito entra ed esce ugualmente.

Meglio tardi che mai Fa’

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5 risposte

  1. Dopo i bottoni ci saranno anche problemi con le zip. Se poi in quel momento ti scappa la pipì…
    Il velcro aiuta o anche la vita con l’elastico da abbassare
    E se scappa la cacca? Accetto suggerimenti

  2. Ciao, uhh come ti capisco, il mio problema sono i calzini, ogni mattina è un’ impresa, specialmente il piede sinistro!

  3. Purtroppo è così…
    Io, dopo anni…, mi sono convinto a chiedere aiuto, dove non riesco da solo! Non è affatto una “sconfitta”, anzi è anche un incentivo per migliorarsi, saper chiedere aiuto è un “passo avanti”, sia per sé stessi che per le persone a cui si chiede!

  4. Purtroppo più passa il tempo e più aumentano le cose che anch’io non riesco più a fare. Da tempo lascio camicie abbottonato ed anche il reggiseno lo infilo dalla testa. Tutto pur di avere la sensazione di essere ancora indipendente. Almeno in qualcosa che riguarda la mia persona. In realtà in casa non faccio quasi più nulla, mi sostituisce mio marito e mio figlio. Così è e non c’è che fare, solo attingere a quella capacità di resilienza che ci consente di adattarci ogni giorno agli innumerevoli capricci della nostra malattia. Come lei cambia anche noi dobbiamo cambiare, trovare percorsi nuovi. È una fatica continua ed è anche per questo che dobbiamo sentirci speciali per la forza che ci viene chiesta per non soccombere. Resistere, resistere e non perdere il gusto per la vita ed andare oltre.

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